Le Cinque Salerno pt.2

Appunti di Viaggio

La scorsa settimana abbiamo iniziato ad “assaggiare” Salerno. Continuiamo a gustarcela… in altri modi coloriti!

Bisogna risalire un po’ per arrivare alla prossima tappa. Lo si può fare a piedi o attraverso un ascensore pubblico gratuito. L’importante è guardare verso il Castello Arechi, che sovrasta tutto il golfo, e arrivare alla meta: il Giardino della Minerva.
Questo è un orto botanico del XII secolo nato come giardino didattico per la celebre scuola medica salernitana. Venne creato nella sua accezione scientifica da Matteo Silvatico sfruttando la pendenza del terreno ed il passaggio del torrente Fusandola, che dal Castello scendeva fino in mare. Creò dei terrazzamenti ed un sistema di vasche in cui l’acqua si poteva raccogliere per la coltivazione. Egli mostrava ai discenti le caratteristiche e le proprietà di ogni singola pianta.
Sulle osservazioni che si facevano in questo luogo, nel XIII secolo nasceva la “Regimen Sanitatis Salernitanum”, la regola medica salernitana, uno dei manuali antichi di medicina e farmacologia “più moderni” della storia. Si può affermare questo poiché in esso sono consigliati la dieta mediterranea, il mangiare con moderazione e l’attività fisica, ovvero dei capisaldi del benessere moderno.
Venire in questo luogo equivale a viaggiare nella storia dei rimedi officinali, tra odori di piante che conosciamo quotidianamente e altri più rari. A seconda della stagione, se si chiudono gli occhi, si può sentire un profumo che riconosciamo o un altro che proprio non abbiamo mai percepito. Il naso vaga. La fantasia anche, per luoghi lontani, da dove queste piante provengono.

Varietà del Giardino della Minerva
Varietà del Giardino della Minerva

Scendendo di nuovo verso il mare, proviamo a perderci tra i vicoli della Salerno più vecchia, quella fatta di strette e ripide strade, dove i bambini, per strada, giocano ancora con il pallone. È bello sentire le grida dietro a quella sfera. O il passaggio di una vespa che si inerpica per i vicoli, talmente stretti che le enormi macchine moderne arrancano. E allora non sorprendiamoci se da lontano sentiamo arrivare il ronzio di un’apetta. Anzi, facciamoci da parte e lasciamo passare quel miracolo su tre ruote!
Arriveremo, in un modo o nell’altro, al Duomo di Salerno. In realtà questo luogo si fregia del nome di Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII. Comunque sia, questa chiesa ha quasi mille anni e si comprende l’importanza già dal portale esterno. Danno il benvenuto una coppia di leoni stilofori, un portale bronzeo e un porticato a due ordini sorretto da colonnine di vario genere e forma. L’interno è barocco per la maggiore. Lo scrigno di questo luogo, assolutamente da non perdere, è però la cripta: adornata con marmi policromi e straordinariamente dorata, accoglie le reliquie del patrono di Salerno, San Matteo.

Cripta del Duomo
Cripta del Duomo

La visita non può che finire lì dove tutto è nato. Forse il posto più semplice, ma quello che all’inizio rappresentava il sostentamento principale di questa città: il mare. Veniamo qui e rimaniamo ad osservarne l’immensità, quasi a gustarne la salinità, a odorarne la salsedine, ad ascoltarne il suono piacevole. E come ultimo, dovuto gesto, ci togliamo le scarpe e camminiamo sulla sabbia, come a voler riprendere il contatto con un luogo così familiare. Ci chiniamo, raccogliamo della sabbia e la sentiamo scivolare via tra le dita. Ci avviciniamo al mare, che d’inverno sembra più caldo dell’aria frizzante di fine autunno. Sciacquiamo le mani. Nemmeno l’acqua rimane tra le nostre dita. Allora le immergiamo per toccare qualcosa che sappiamo già non può rivelarsi al nostro tatto.

Ma il mare è così, in perenne moto. Passeggero, come noi a Salerno.

Il Mare salernitano al tramonto
Il Mare salernitano al tramonto

Al prossimo racconto

Racconto pubblicato il 16.12.2022 su SevenBlog

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Pubblicato da mattrossblog

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